Coordinatrice: Amalia Minichiello
Cos’è: lo Psicodramma Analitico è un dispositivo di cura e di formazione che organizza gruppi di base, gruppi di formazione e gruppi di supervisione. Può essere utilizzato in ambiti istituzionali, del privato sociale e del privato.
Per chi è indicato: i gruppi terapeutici sono destinati a tutti coloro che hanno un disagio e che fanno una domanda di cura a scopo terapeutico. I gruppi di base possono essere eterogenei per età, sesso e patologia, mantenendo la distinzione per grandi gruppi: adulti, adolescenti, bambini. Possono anche essere omogenei per patologia come i gruppi di psicotici o per ruolo sociale come le coppie, i genitori.
- Work-shop di due giorni di Psicodramma Analitico Junghiano svolti, su richiesta, in vari sedi diffuse sul territorio nazionale; ogni tre mesi presso la nostra sede principale di Roma; ogni mese in sessioni online
- Sessioni pomeridiane di Psicodramma Moreniano
Come si svolge
Nello Psicodramma Analitico si possono rappresentare, come a teatro, scene vissute o sogni. Tali scene, che riproducono sempre schemi familiari, si svolgono “come se”, evitando quindi qualsiasi forma di contatto fisico tra i partecipanti.
La seduta viene condotta da due terapeuti che hanno la funzione di animatore e osservatore. Il primo invita i membri del gruppo a prendere la parola, rispettando soltanto la regola analitica delle libere associazioni e propone a chi sta parlando un gioco, ovvero mettere in scena, drammatizzare, una parte del proprio discorso, quella ritenuta più legata alla possibilità del soggetto di trovare nuovi significanti nel suo discorso. Mettere in scena rende possibile lo svelamento di rappresentazioni che, al di là delle parole, sono rappresentazioni di cose inscritte nel corpo e nei suoi primi movimenti.
Per animare la scena viene richiesta anche la partecipazione di altri membri, quali interpreti delle varie parti assegnate dal protagonista stesso.
L’animatore “punteggia” quindi il discorso del soggetto, sia proponendo il gioco, quando coglie un punto interessante da “vedere”, sia dando poi un taglio, una interpretazione durante la rappresentazione stessa.
Nel gioco si produce uno scarto sia tra quanto viene narrato dal proprio posto, sia tra quanto emerge dall’azione, quindi tra immaginario e reale passando per il simbolico, si produce un effetto di spiazzamento che consente di poter cogliere qualcosa dei processi inconsci operanti nel soggetto dell’inconscio.
La rappresentazione scenica nello psicodramma promuove altri vertici di lettura frammentando le precedenti rappresentazioni.
Nel qui ed ora dello svolgersi di una rappresentazione ci sono diverse possibilità di azione che l’animatore può sollecitare nei partecipanti quali le inversioni di ruolo, ovvero occupare il posto dell’altro, l’assolo che è un monologo con se stessi e i doppi che consistono nell’esprimere un pensiero in prima persona doppiando uno dei giocatori in scena.
Si procede poi, secondo il filo associativo dei partecipanti al gruppo, a mettere in parola e a rappresentare ciò che di volta in volta viene proposto dall’animatore.
L’osservatore che rimane silente durante lo svolgersi della seduta, restituisce in chiusura, con una sua narrazione, la catena dei significanti che sono circolati, riaprendo così nei partecipanti ad un ulteriore possibilità di lavoro di libera associazione che si potrà protrarre anche oltre la seduta stessa, nel tempo che intercorre tra una seduta e l’altra.
In questo modo di procedere, l’interpretazione data dai terapeuti non si pone come verità assoluta, nè come conclusione di senso, ma rimane in bilico “tra il senso e la perdita di senso”.
Le regole del setting
Il gruppo di Psicodramma Analitico lavora secondo delle regole che tutelano la libera espressione e la riservatezza dei partecipanti.
La prima regola che si stabilisce è quella dell’astinenza dal giudizio per consentire ai membri del gruppo di esprimersi con più libertà senza sentirsi giudicati dagli altri.
Ai partecipanti al gruppo non è consentito frequentarsi fuori dal setting di cura poiché questo potrebbe bloccare il lavoro di cura poiché la relazione si sposterebbe su un piano reale e sarebbe più complicato fare “come se” nella seduta, quindi mantenere la relazione su un piano immaginario.
Infine si formula un patto di riservatezza sui contenuti che emergono nel corso delle sedute che non possono essere rivelati ad altri, per garantire ad ognuno il mantenimento della privacy.