Grande Gruppo e Social Dreaming

Il Gruppo Analitico Allargato

è uno strumento prezioso di formazione ed è anche utile come strumento di aggiornamento e riqualificazione per ogni professionista che si trovi a lavorare con gruppi numericamente superiori alle 30 persone. Il Gruppo Analitico Allargato dà la possibilità di sperimentare stati emozionali molto intensi e di sviluppare uno spazio mentale dove elaborare quelle tensioni tra forze interpersonali e sociali antagoniste, inevitabilmente presenti in ogni luogo condiviso tra più persone.

Grande Gruppo Analitico in Protomoteca del Campidoglio, 2020

Mentre nel gruppo piccolo il pensiero viene usato come difesa contro la paura delle emozioni, nel gruppo allargato, invece si impara a pensare e gestire l’eccessiva emotività (Von Platen 1995). “I Gruppi Analitici Allargati rendono il singolo anonimo e confuso, derubato dal suo ordinario sistema di difese…. in essi si dà ai partecipanti la possibilità di esplorare le proprie emozioni distruttive consce ed inconsce, ma anche la propria capacità di esercitare un controllo maturo nelle interazioni con gli altri (Von Platen, 2003, p. 269).

Bisogna specificare che il grado di strutturazione del setting, le finalità consce e inconsce attribuite al workshop esperienziale, o meglio l’intenzionamento conscio e inconscio dello staff dei conduttori, influenzano molto sia le dinamiche gruppali che il livello di angoscia che si possono sperimentare nel gruppo. A tal riguardo, è importante ricordare che il Large Group, e in particolar modo il Gruppo Analitico Allargato, attivano dinamiche gruppali caotiche e a tratti aggressive, dove è molto difficile cogliere il senso di quello che accade, facendo sperimentare intense angosce  di frammentazione nei partecipanti, ma anche nei conduttori, e stimolando stati mentali e meccanismi di tipo psicotico simili a quelli descritti da Melanie Klein rispetto alle angosce infantili preedipiche (Anzieu 1976; Foulkes, 1975; Ancona 2002; Von Platen 2003).

Diversi contesti applicativi: 

in ambito formativo, per tutte quelle figure professionali che utilizzano la relazione come strumento di lavoro privilegiato (helper-helped, psicologi, medici, assistenti sociali, operatori scolastici) e che intendano avvalersi di una prospettiva di comprensione dei complessi fenomeni relazionali con la fi nalità di sostenere i percorsi terapeutici in contesti pubblici e privati, 

come modalità di intervento organizzativo, nelle aziende, nelle comunità terapeutiche, nelle scuole, nelle istituzioni, per riflettere sulle dinamiche interne, sull’interscambio dei ruoli, sulle difese messe in atto per contenere le ansietà connesse al compito;

come strumento di intervento psico-sociale rivolto alla cittadinanza, alla polis, per migliorare il benessere collettivo lavorando a livello dell’inconscio sociale, mobilitando le risorse emotive che trasformano i conflitti in possibilità di dialogo. 

Solo riconoscendo l’esistenza di un reciproco rispecchiamento tra il mondo interno individuale e quello del sistema circostante (famiglia, gruppo, istituzione, società), si può pensare di promuovere un’epistemologia trasformativa, in grado di intervenire a tutti i livelli, riflettere sui modelli culturali e attivare scambi. 

 

Il Social Dreaming

è una tecnica di lavoro di gruppo che valorizza “il contributo che i sogni possono offrire alla comprensione non del mondo interno dei sognatori, ma della realtà sociale ed istituzionale in cui vivono” (Neri, 2001).
Tale tecnica è stata ideata all’inizio degli anni ’80 da W. Gordon Lawrence presso il Tavistock Institute of Human Relations di Londra.
Lawrence, partendo dal presupposto che i sogni contengono informazioni fondamentali sulla situazione nella quale le persone sono nel momento in cui sognano, ipotizzò che fosse possibile considerare il sogno come una manifestazione del contesto in cui viviamo e un mezzo attraverso il quale esplorare il mondo sociale condiviso.
Il Social Dreaming, all’ interno di un gruppo, di un’organizzazione, consente di riconoscere le proprie risorse cognitive, immaginifiche, informative e creative, non come private e proprietarie, ma come risorsa sociale; l’attenzione dunque viene spostata dal sognatore al sogno, veicolo di conoscenza dell’ambiente in cui si muovono i sognatori.Lawrence impiegò questa tecnica per capire meglio ciò che accade nelle organizzazioni, considerando la vita onirica delle persone che ne fanno parte.
In certe fasi della vita di un’organizzazione le tensioni e i conflitti raggiungono dei picchi; in queste fasi di crisi, una gran quantità di energie è impiegata per trovare risposte, invece sarebbe più proficuo che a svilupparsi fossero le domande.
Per far ciò è necessario avere a disposizione un contenitore adeguato, un sogno, nel quale le domande possano svilupparsi e possano così essere elaborate.
Durante i conflitti, che si possono creare in un’organizzazione, le parti contrapposte, cercano di controllare ognuna i pensieri e i comportamenti dell’altra; il Social Dreaming aiuta a comprendere e non a comprendersi l’uno con l’altro, aiuta a vedere un medesimo sogno (problema, questione) da prospettive diverse, multiple e anche contrapposte.
I benefici che un’organizzazione può ottenere dal Social Dreaming sono:
1. Massimizzare il pensiero laterale e divergente consentendo di affrontare i paradossi
2. Permettere l’integrazione del pensiero inconscio nel tessuto organizzativo
3. Incrementare il pensiero creativo attraverso l’esperienza
4. Raffinare il pensiero utile nell’impresa promuovendo la capacità creativa dell’organizzazione come sistema.